sabato 26 dicembre 2009

Partecipazioni

L’ANOMALIA ITALIANA

Tutti hanno diritto di manifestare

liberamente il proprio pensiero

con la parola, lo scritto e ogni altro

mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Costituzione Italiana , ART. 21

Everyone has the right to freedom of expression.

This right shall include freedom to hold opinions

and to receive and impartial information

and ideas without interference by public authority

and regardless of frontiers.

The freedom and pluralism of the media shall be respected.

Costituzione Europea, ART. II 71

Il 3 ottobre 2009, migliaia di persone si sono riunite a Piazza del Popolo per reclamare il loro diritto all’informazione libera in quella che il segretario generale di Reporters Senza Frontiere, Jean-François Julliard, ha definito “la più grande manifestazione in difesa della libertà di stampa al mondo.” Se sembra una frase iperbolica, atteniamoci semplicemente ai fatti: l’intera piazza e le strade circostanti erano costipate di persone, 300,000 secondo Il Sole 24 Ore. La manifestazione ha avuto un ruolo fondamentale nell’attirare l’attenzione internazionale sulla mancanza di libertà di stampa in Italia. Mentre quelle 300,000 persone reclamavano il loro inalienabile diritto alla libera informazione a Roma, in molte altre città Europee si faceva lo stesso. È stato certamente un giorno memorabile.

Ci sono milioni di ragioni per cui l’Italia potrebbe essere considerata una “anomalia” rispetto al resto del mondo, ma, per il momento, concentriamoci su quelle anomalie riguardanti la libertà di stampa. Innanzitutto, il fatto più evidente ed eclatante che fa dell’Italia un paese unico in Europa è il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi.

Unendo l’influenza del suo impero mediatico e il potere del suo impiego pubblico, Berlusconi è l’uomo più potente d’Italia, ma anche il più pericoloso. Come Soria Blatmann[1] scrive nella sua relazione per Reporters Senza Frontiere dell’Aprile 2003, Berlusconi ha in mano l’84,7% della Fininvest e il 48,2% di Mediaset, il cui vice-presidente è il figlio Piersilvio. Suo fratello Paolo Berlusconi possiede Il Giornale e sua moglie, o ex-moglie, Veronica Lario il 49% de Il Foglio. Silvio Berlusconi ha anche il 48% del Gruppo Mondadori che controlla il 31% dell’industria editoriale e il 45% del mercato delle riviste in Italia.

Come può la stampa italiana essere veramente libera se un uomo così importante la controlla? Come possono i media essere il “cane da guardia” del governo, se il governo influenza direttamente i media? Come ha detto Marco Travaglio, in Italia il giornalismo è piuttosto “il cane da compagnia” del potere.[2]

Uno dei problemi maggiori del giornalismo italiano è la stretta correlazione fra giornalismo e politica. Sfortunatamente, questo non è solo il caso unico e specifico di Berlusconi e del suo impero mediatico, è un problema di ogni corrente, sia di destra che di sinistra, che salga al potere. La Rai, infatti, è pesantemente politicizzata a causa della lottizzazione. In nome di tale principio, ogni canale della Rai è dato (o meglio dovrebbe essere dato) a una maggiore corrente politica e i membri del Consiglio d’Amministrazione vengono da partiti politici diversi. Secondo la logica dell’anomalo sistema Italiano, la lottizzazione dovrebbe assicurare il pluralismo del servizio pubblico.

Quanto può essere indipendente il lavoro dei giornalisti e dei direttori Rai se dipendono direttamente dal governo e sono influenzati dai partiti politici? Sempre nella sua relazione, Blatmann nota che “l’Italia è l’unico Paese Europeo ad avere tre canali televisivi di servizio pubblico”. Non solo, ma questi tre canali sono estremamente popolari. Inoltre, cosa succede se il capo del governo, come nel caso Berlusconi, è anche il proprietario di altri tre canali? Come fa la libertà di stampa ad essere protetta se il Primo Ministro controlla il 90% della TV nazionale?

Questa politicizzazione tutt’altro che obiettiva del giornalismo italiano è chiaramente visibile nei Tg di ogni giorno e nelle sezioni sulla politica interna dei giornali. Prima di tutto, l’anomalia italiana risiede nell’enorme quantità di spazio, e tempo, dedicato alla politica interna. Secondo, e più importante, invece dei semplici fatti, troviamo i commenti, o i fatti commentanti e quindi denudati di ogni oggettività. Soprattutto nei Tg, la maggior parte del tempo è riempito dai commenti, dalle dichiarazioni, e dalle polemiche dei nostri politici. Quindi, scrive Travaglio, “la sproporzione fra i fatti e le parole è impressionante. […] In Italia […] i servizi sono incentrati per il 62,4 per cento nell’illustrare le posizioni dei politici, solo il 28,2 per cento è per l’esposizione dei fatti, il 9,4 per cento per i contenuti”. Se non c’è una mediazione giornalistica fra i politici e i cittadini, allora non c’è informazione ma propaganda. Inoltre, l’alternarsi delle dichiarazioni dei politici su fatti poco chiari (un provvedimento discusso in Parlamento, una nuova legge, un qualsiasi evento) crea confusione nella mente delle persone. Chi ha ragione? Chi ha torto? Ma soprattutto, di che stanno parlando?

L’alto livello di politicizzazione del giornalismo italiano, ma anche della società italiana nel suo insieme, è la causa e l’effetto dell’onnipresente riduzione alla dicotomia destra-sinistra. “La Corte costituzionale boccia una legge voluta dalla destra?” chiede Travaglio, “Allora è di sinistra. […] Un giornalista critica un politico di sinistra? Allora è di destra. E viceversa. I fatti non contano”. E soprattutto, riguardo al giornalismo, non conta se il giornalista dica qualcosa di vero o falso, di legale o illegale. Le opinioni contano più dei fatti.

Un’altra seria minaccia alla libertà di stampa è la censura. Eventi passati e recenti serviranno da esempio. In Italia, chiunque abbia un qualche coinvolgimento civico si ricorda dell’Editto Bulgaro, anno 2002, quando, nella sua visita ufficiale a Sofia, Berlusconi dichiarò di essere attaccato da alcuni giornalisti Rai, che usavano la televisione pubblica in modo criminale. “Preciso dovere di questa nuova dirigenza”, dichiarò Berlusconi, “sia quello di non permettere più che questo avvenga.” Non a caso, i programmi dei tre giornalisti nominati da Berlusconi nel suo discorso, Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi, vennero cancellati.

In vista delle elezioni parlamentari del 2001, nel suo programma Il Fatto su Rai1, Enzo Biagi osò invitare il comico di sinistra Benigni che fece una satira su Berlusconi, candidato alle elezioni. Il programma venne eliminato nel giugno 2002. Nell’edizione speciale di Sciuscià nel maggio 2002, Michele Santoro parlò dell’affare Biagi e delle accuse di Berlusconi. Il programma venne sospeso per quattro giorni e cancellato dalle programmazioni Rai dell’autunno 2002. Infine, nel marzo 2001, Daniele Luttazzi invitò Travaglio nel suo programma Satyricon per discutere del libro di Travaglio L’Odore dei Soldi, che parlava dei problemi giudiziari di Berlusconi. Quella fu l’ultima puntata del programma e Luttazzi scomparve dalla TV.

Eventi più recenti riguardano i criticatissimi Report e AnnoZero. Nonostante il loro altissimo livello di share, la Rai voleva eliminare entrambi i programmi dal palinsesto. Ad AnnoZero, Travaglio non ha ancora ricevuto il rinnovo del contratto e va alla trasmissione di Santoro in veste di “ospite”.

L’ultimo chiaro esempio di censura riguarda Videocracy, il film di Erik Gandini sull’influenza della TV commerciale sulla società italiana. Sia Mediaset che la Rai si sono rifiutate di mandare in onda il trailer del film, per ragioni differenti. Mediaset non ha creduto opportuno pubblicizzare sui suoi canali un film che era contro la TV commerciale. La Rai si è appellata al pluralismo, dicendo che non poteva mandare in onda il trailer di un film considerato “politico” in mancanza di un altro film dalle opinioni opposte. Eh, il sacro principio della par condicio!

Un’altra conseguenza di questa forte connessione fra politica e giornalismo è la scomparsa dei cosiddetti “editori puri”, editori che hanno a cuore solamente informazioni vere e non vogliono difendere gli interessi politici e economici propri o di chiunque altro. Se un editore è coinvolto in altre attività, politiche o economiche, e in Italia questo avviene spesso, allora come possono dare notizie vere, oggettive e imparziali?

Un’altra anomalia tutta italiana riguarda la facilità con cui è possibile querelare giornalisti e giornali. Diversamente da altri paesi liberi e democratici, in Italia i giornalisti possono essere querelati anche se dicono la verità. Tutto dipende dalle parole, più o meno dure, che utilizzano. Nel suo intervento alla puntata di AnnoZero il 1° ottobre 2009, Travaglio ha messo a confronto la drammatica situazione italiana con quella americana, dove Michael Moore ha scritto Stupid White Man, un libro sull’allora presidente Gorge W. Bush. “In Italia” ha detto Travaglio, “se dai dello stupido a un politico, rischi il carcere fino a 6 anni, o la multa, più il danno morale e la riparazione pecuniaria proporzionata alla gravità dell’offesa e alla tiratura e allo share.” In Italia, chi querela può chiedere risarcimenti sia al giornalista coinvolto che all’editore, e se, nel processo, è dimostrato che il querelante ha torto, non deve neanche pagare.

Tutti questi provvedimenti legali minacciano la libertà dei giornalisti nel fare il loro lavoro e l’incoraggiamento degli editori alla libera informazione. Naturalmente, è più facile starsene calmi e assecondare i potenti.

Una minaccia ancora maggiore ai giornalisti viene dal crimine organizzato. Nel sud Italia, quei giornalisti che vanno oltre l’esposizione passiva delle notizie sulla mafia, ed analizzano eventi, collegano fatti, traggono conclusioni e cercano di informare i cittadini nel miglior modo possibile, ricevono minacce di morte. Il crimine organizzato non vuole che informazioni delicate raggiungano l’opinione pubblica, non vuole che la sua immagine venga scalfita. Quindi, qualsiasi giornalista che si spinga oltre quella linea invisibile viene considerato una minaccia e, in quanto tale, deve essere eliminato. Qualche esempio? Roberto Saviano, Lirio Abbate e Arnarldo Capezzuto.

Il silenzio è la regola in questi casi. E forse, anche nel resto d’Italia, la gente ha più possibilità di sapere chi è Anna Politikvoskaja, piuttosto che Mauro De Mauro, Pippo Fava, Mauro Rostagno, Peppino Impastato, Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Mario Francese, and Giuseppe Alfano, tutti uccisi dalla mafia.

In Italia, c’è un serio problema di libertà di stampa, ma la gravità di questo problema non è riconosciuta dalla maggioranza degli Italiani. I nostri Tg sono troppo occupati a riportarci ogni parola o polemica dei nostri politici, confondendo e narcotizzando le coscienze degli spettatori. C’è una ricerca ossessiva del sensazionalismo, di quelle “hot news” sul nostro Presidente del Consiglio che va a prostitute o il Governatore del Lazio che va a transessuali. Le accuse a persone come Dino Boffo, Ezio Mauro, Gianfranco Fini, o il giudice Raimondo Mesiano e i suo calzini turchesi, sono considerate più importanti del fatto che Silvio Berlusconi dovrebbe sottoporsi a processo per la corruzione di David Mills. Le opinioni contano, i fatti no.

Come membro dell’Unione Europea e in rispetto alla democrazia, l’Italia dovrebbe risolvere questa ulteriore vergogna alla sua lista di incongruità.

Alessandra Potenza



NOTE

1. Blatmann, Soria. “A Media Conflict of Interest: Anomaly in Italy.” Reporters Without Borders Reports. April 2003.

2. Tutte le citazioni di Marco Travaglio, eccetto dove specificato altrimenti, sono prese dal suo libro La Scomparsa dei Fatti, Milano: Il Saggiatore, 2008.

giovedì 17 dicembre 2009

Partecipazioni

SOLIDARIETA’ E CENSURA

Vengono chiamati “Social Network”. Facebook, Twitter e Badoo sono siti internet. Siti internet attraverso i quali si possono conoscere delle persone e condividere con loro foto, video e messaggi; dove si possono esprimere delle opinioni, dei pareri. Da quando è diventato un vero e proprio mezzo di comunicazione, Internet è stato l’emblema della libertà di espressione in quanto l’unico non sottoposto a nessun tipo di censura. E Facebook ne è stata e ne continua ad essere la dimostrazione lampante. Ogni avvenimento, episodio, disastro o attentato viene commentato da milioni di utenti; e allora ecco sorgere gruppi di favorevoli o contrari, di estasiati o amareggiati, di ottimisti o pessimisti. Senza alcun tipo di controllo.
Giorni fa, il Presidente del Consiglio, l’On. Silvio Berlusconi, è stato gravemente ferito da un contestatore psicopatico, da anni sottoposto a terapie mediche al fine di curare il proprio disturbo, Massimo Tartaglia. L’episodio è stato considerato da stampa e mondo politico come estremamente grave, tanto da attirare, per l’ennesima volta, sul nostro Paese le luci dei riflettori delle più importanti testate giornalistiche straniere. Come ogni rilevante avvenimento che si rispetti, gli amanti della rete hanno dato vita ad una vera e propria corsa al gruppo più divertente, a quello più solidale, a quello più critico. E allora dai messaggi di solidarietà al Presidente, si è passati agli applausi per il feritore fino ad arrivare a coloro che “rendevano grazie” all’attentatore. Il mondo politico si è dato un gran da fare per esaminare la questione; il giudizio è stato quasi del tutto nel condannare il gesto e nell’esprimere la massima solidarietà alla vittima del folle atto. Donne in lacrime, anziani in coda all’ingresso del San Raffaele nel tentativo di portare omaggi al Presidente, uomini di Chiesa che promettono di pregare per il bene del malato. Il solito via vai di personaggi importanti, condito da una serie di speciali televisivi che parlavano dell’accaduto. Sulla rete intanto continuava la guerra al gruppo con più successo, con una battaglia all’”ultimo iscritto”. Il gruppo di fan di Massimo Tartaglia tocca quota diecimila, poi quindici, e in serata si arriva a ventimila iscritti. Un record!!! E la mattina seguente la sorpresa è ancora più amara: trentacinquemila persone che diventeranno cinquantamila nel pomeriggio. Un attacco vergognoso, tedioso, inaccettabile. Il volto tumefatto del premier suscita solo sdegno, dolore. Per un momento, (quasi ) tutta Italia è compassionevole, tutta Italia è con Lui, con il Presidente. Maggioranza e opposizione finalmente unite, d’accordo, coese. Fortunatamente si sguinzagliano le fila dei supporters del Presidente che iniziano una vera e propria “Corsa della Solidarietà” per il disgraziato degente. Ma c’è quella macchiolina di Facebook che rovina lo splendido quadro. Quel maledetto gruppo proprio non ci voleva. C’è bisogno che qualcuno parli, qualcuno cancelli quel maledetto colpo basso, quella maledetta macchiolina. Allora sale in cattedra Roberto Maroni, il titolare del Viminale, che partorisce la proposta, matura l’idea: “cancelliamo quei gruppi dalla rete!”. L’invenzione del Ministro leghista riceve allora un unanime coro di approvazioni e consensi, l’opinione pubblica è con lui. E c’è da credergli! Tra i due schermi, è quello televisivo a farla da padrone. Da una parte il volto sanguinante del premier, dall’altra scene festanti e osannanti il colpevole Tartaglia. Però poi per sbaglio, per errore, per un’orribile nefandezza, proprio su Facebook , capita di scrivere “Basta clandestini” e il bel simbolo verde della Lega salta agli occhi. “Basta clandestini; si chiama proprio così il nuovo gruppo firmato Carroccio; ma è il sottotitolo a suscitare ancor più ilarità: “O li fermano i politici con le leggi, o li fermiamo noi con i fucili”. Il gruppo ha la firma del partito padano, lo stesso a cui appartiene l’On. Maroni. Roberto Maroni è un Ministro della Repubblica, che prima di ricoprire il proprio incarico ha giurato fedeltà alla Costituzione.
Quando episodi di orribile incoerenza vengono alla luce, quando l’onore non ha più alcun valore, quando un giuramento ha il solo fine del guadagno, non è solo un qualcosa che non va. Non va la quasi totalità di ciò che ci rappresenta, non va l’assoluta tediosità di un governo ridicolo, non va il ridicolo sipario a cui siamo costretti ad assistere ogni giorno. Viene voglia di eliminare,ricominciare, cancellare tutto. Ma poi ci si ferma, si riflette e si arriva a pensare che forse, dopo tutto, qualche macchiolina è meglio non cancellarla.


Francesco Gentili

domenica 6 dicembre 2009

L'Onda Viola

Ieri 5 dicembre 2009 ,si è manifestata una nuova ed inaspettata “Anomalia” italiana: il No B Day.
Perché la definisco così?i motivi sono molti:
- Iniziativa, organizzazione , partecipazione e temi sono stati scelti e utilizzati da cittadini comuni, per la maggior parte giovani.
- La gran parte dei partecipanti non si è riunita sotto una bandiera partitica.
- Nessuno politico è stato invitato a parlare sul palco, solo: giornalisti , artisti, intellettuali e persone comuni.
- Durante la manifestazione non vi è stato nessun atto di violenza.
- Il nuovo luogo di nascita,diffusione ed organizzazione; la rete.

La manifestazione ha rappresentato il rinnovato bisogno di riacquisizione del diritto di partecipazione politica ,orami ridotto solo all’atto del voto, e la voglia di molti cittadini, alcuni né hanno contati 90.000, altri 1.000.000 altri ancora 25, di esprimere la loro disapprovazione per la generale gestione dello stato italiano degli ultimi 15 anni.
La protesta era diretta soprattutto al Presidente del Consiglio Italiano ,ma non solo.E’ stato preso di mira tutto l’apparato politico italiano :dal governo all’opposizione “fantasma”, senza risparmiare neanche la chiesa, e l’atteggiamento, ormai onnipresente, riassumibile nel termine “Berlusconismo”.
La richiesta e la speranza delle persone in piazza quindi non è riassumibile nel solo atto di dimissione del Presidente del Consiglio, ma in un vero è proprio cambio di rotta della politica italiana.
Il “Popolo Viola” si è schierato contro la collusione della politica, l’utilizzo di leggi “ad personam” di Berlusconi, il suo continuo attacco alle istituzioni e alla costituzione, i mancati provvedimenti a tutela dei giovani e dei milioni di lavoratori che stanno perdendo il proprio posto di lavoro, la quasi totale inesistenza di un’opposizione di valore, la condizione dei mezzi d’informazione e argomenti più ampi che riguardano il mondo dell’apparenza e della superficialità istaurato dallo strapotere televisivo ,di cui il popolo italiano ormai è succube.
Ed è proprio la televisione a levare un forte appoggio e eco alla manifestazione rifiutandone la diretta , palesando l’intreccio tra politica e tv e creando un idiosincrasia tra un evento nato sulla rete ed il mezzo d’informazione più potente.

Uno degli aspetti più interessanti è stata la mancanza di bandiere e la totale assenza di figure politiche nell’organizzazione e sul palco, che a contribuito alla nascita di un nuovo senso comune; che racchiude tutta l’indignazione, la rabbia, la vergogna, la voglia di cambiare volto a questo paese, di riconoscersi uniti contro dure battaglie, come quella alla mafia, o di riscoprire ideali dimenticati come la solidarietà.
La necessità , evidentemente condivisa da molti, di spostare il fondamento del dibattito politico su nuove idee, su una nuova energia, identificabile nelle molte giovani menti presenti alla manifestazione.
C’è ,forse, la necessità da parte di molti giovani di avere maggiore rilevanza nella vita politica italiana e di scacciare parte delle accuse che definiscono le giovani generazioni come “marce” o prive di ideali.
Magari ricordando le parole di Montesquieu :” Non sono le giovani generazioni che degenerano:esse si perdono quando gli adulti sono già corrotti”.
Giovani che,insieme a tutti gli altri manifestanti appartenenti ad altre generazioni , non si riconoscono nell’opposizione e nel suo modo di fare politica,un mondo fatto da frasi non dette o dette a metà,di prese di posizione mai chiare e decise.

Contemporaneamente a quella romana si sono svolte manifestazioni parallele anche in 45 città del mondo, tra cui Londra, Barcellona, Amsterdam, Dublino, Parigi, Vienna, San Francisco, Montreal e Sacramento. «Berlusconi costituisce una gravissima anomalia nel quadro delle democrazie occidentali- si legge nel testo dell'appello - Non possiamo più rimanere inerti di fronte alle iniziative di un uomo che tiene il Paese in ostaggio da oltre 15 anni e la cui concezione proprietaria dello Stato lo rende ostile verso ogni forma di libera espressione come testimoniano gli attacchi selvaggi alla stampa libera, alla satira, alla Rete degli ultimi mesi. Deve dimettersi e difendersi, come ogni cittadino, davanti ai Tribunali della Repubblica per le accuse che gli vengono rivolte».
Sul palco di Piazza San Giovanni si sono susseguiti grandi artisti, intellettuali e giornalisti a partire da Ascanio Celestini (www.youtube.com/watch?v=qXK3aQYwcQQ) seguito poi(in modo casuale) dal grande regista Mario Monicelli che ha fatto un vero e proprio appello ai giovani:”Chiedete uguaglianza, giustizia e diritto al lavoro. Niente più di questo. La libertà è già un'altra cosa”.
La piazza si è poi riscaldata quando si è presentato sul palco Salvatore Borsellino, fratello di Paolo,con un intervento durissimo:” Sono qui perché la mafia deve essere cacciata fuori dallo Stato, fuori dalle istituzioni. Sono qui perché Berlusconi deve farsi processare”e prosegue “Il vero vilipendio è che persone come Schifani e Berlusconi occupino le istituzioni”; mentre parla molti agitano la riproduzione dell’agenda rossa che anche lui tiene in mano durante tutto il discorso (www.youtube.com/watch?v=RoBrfE4lcvk 1 parte, www.youtube.com/watch?v=y-d3vG8TZKk 2 parte).
Si sono continuati a susseguire sul palco ed ad intervenire tramite interviste telefoniche e video:
Margherita Hack (www.youtube.com/watch?v=4cBzYNeGDuQ),
Dario Fo e Franca Rame (www.youtube.com/watch?v=XU6hvyl6f0w) che definiscono la giornata storica,
Ulderico Pesce (www.youtube.com/watch?v=P6fR6YcSY8Q),
Saramago , del quale viene letto un messaggio che inizia con la domanda:” Fino a quando Berlusconi attenterai contro la nostra costituzione?” "L'Italia è stata trasformata nella sua ombra grottesca - aggiunge Saramago - l'Italia non merita il destino che Berlusconi le ha tracciato senza il più elementare senso di vergogna di se stesso",
il cantante, attore e scrittore Moni Ovadia (www.youtube.com/watch?v=W9o3QRVYOUQ) ed
il giornalista e scrittore Giorgio Bocca(www.youtube.com/watch?v=HwiR4SCN-Hc).

Nella piazza,invece, tra i rappresentati dei partiti che hanno scelto di essere presenti c'è Antonio di Pietro ,per l'Italia dei valori: "E' la prima giornata di una resistenza attiva prima di dare la spallata finale ad un governo piduista e fascista", commenta.
Al corteo c'è anche una folta rappresentanza del Partito democratico. Applauditissima la presidente Rosy Bindi che ha precisato: "Non siamo frustrati, questo non è un popolo di frustrati ma di indignati". Nessun commento invece dal capogruppo del Pd Dario Franceschini: "Oggi sto zitto, io parlo tutti i giorni, lasciamo parlare i ragazzi e le ragazze che sono qui". Presenti anche il vicepresidente Ivan Scalfarotto, Giovanna Melandri, Ignazio Marino, Rosa Calipari e Paolo Concia ma non il segretario Pierluigi Bersani.
Claudio Fava del coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia Libertà sottolinea: "Berlusconi non ne abbia a male ma qui oggi ci sono italiani che vogliono restituire decoro alla nostra democrazia ". "Questa piazza è una risorsa fondamentale per rimettere in campo una alternativa al berlusconismo", gli fa eco Nichi Vendola.
Da piazza San Giovanni il segretario del Pdci Oliviero Diliberto osserva: ''In qualunque paese al mondo Berlusconi si sarebbe già dimesso". Per il leader dei Verdi Angelo Bonelli quella di oggi ''non è una manifestazione di sinistra ma una ventata di aria fresca". Polemico il segretario del Prc Paolo Ferrero, che sottolinea: "L'opposizione è qui". "Vuol dire - aggiunge - che drammaticamente l'opposizione è solo nelle piazze, perché purtroppo nel Parlamento non c'è quasi mai''

Forse è stata davvero una giornata storica come l’ha definita Dario Fo, forse potrebbe essere veramente l’inizio di un movimento, di una nuova idea di politica.
Ora, sicuramente, la sfida più difficile da affrontare è rappresentata dal coordinare e indirizzare tutta l’energia e le iniziative che sono nate e nasceranno da questa manifestazione.
Finalmente, almeno una parte d’Italia,si è svegliata dal suo torpore, si è schierata ed ha fatto sentire la sua voce.
Ora bisogna proseguire su questa strada.


www.noberlusconiday.org

No B Day dall'estero




















Partecipazioni

SAGGIO SULL’OTTIMISMO

Quando il Direttore Generale della “Luiss Guido Carli” espone tutta la sua rabbia e frustrazione, tramite le colonne di Repubblica, tanto da invitare suo figlio Mattia ad abbandonare questo Paese, lo fa con il cuore. Sì, con il cuore, non c’è dubbio. E risulta assai difficile credere che un tale gesto possa essere frutto di semplice ed esclusiva finzione. Pier Luigi Celli non è un operaio; non è un impiegato statale né tantomeno un contadino. Chi ricopre incarichi come quello di Direttore Generale della Rai, massimo dirigente di una banca come UniCredit e infine ancora “diggì” di una delle Università private più importanti nel panorama italiano, incontrerebbe assai poche difficoltà nel consegnare al figlio, impacchettato e con un bel fiocco rosso, un posto da dirigente in un’azienda di grosso calibro. Celli, invece ha preferito esporre tutto il suo rammarico pubblicamente, in una lettera che racchiude in sé tutto il dolore e l’impotenza di un uomo la cui generazione non ha sbagliato, ha fallito. Per giocarsi una delle sue ultime carte a disposizione un premuroso padre mette in guardia un “distratto” figlio che rischia di incontrare serie difficoltà con la sua futura permanenza sul suo territorio natale. E l’invito è ripetuto, assillante, produce un’eco tale da rendere il finale della lettera quasi scontato. Ma in un punto Celli tratta un argomento che forse un disattento lettore tralascerebbe.Nella lettera infatti viene raccontato in poche parole il duro carattere di Mattia e di quanto difficilmente quest’ultimo abbandonerà il nostro Paese per andare a cercare fortuna all’estero. Ma non si tratta di un carattere duro o forte. Non si tratta di farcela nonostante le difficoltà. Se Mattia rimarrà o no in Italia, lo farà insieme ad altre migliaia di ragazzi come lui: laureati e non, ricercatori o meno che però avranno urlato a tutta la nazione che saranno loro a far ritornare l’Italia un Paese d’eccellenza; saranno loro a scacciare la corruzione dalla pubblica amministrazione; saranno loro a ridare a questo stato una classe politica di cui andare orgogliosi; e nel momento in cui il nostro tornerà un Paese civile e tutti affermeranno “Grazie è stato merito vostro”, noi risponderemo con il cuore che, sì, è stato davvero merito nostro.

Francesco Gentili

lunedì 30 novembre 2009

Extraordinary Rendition


La Extraordinary Rendition è uno dei tanti metodi illegali ,utilizzati soprattutto dal governo americano, per combattere il terrorismo. Come detto si tratta di un’azione illegale di cattura e di detenzione di individui sospettati di terrorismo. Tutte le operazioni sono eseguite nella più totale clandestinità, privando l’individuo incarcerato del diritto internazionale di avere un “giusto” processo.
Le “Consegne Straordinarie” consistono nella deportazione ,del presunto terrorista catturato , o nello stato d’origine o in qualsiasi altro stato in cui sia presente una bassa difesa dei diritti umani e dove spesso sono vittima di sistemi carcerari disumani e addirittura di metodi di tortura.
Esisteva anche un’altra possibile applicazione ovvero la deportazione in prigioni situate all’estero che i servizi segreti americani gestivano direttamente, ma questo avveniva prima che Bush decidesse di spostare i 30 sospetti appartenenti ad Al Qaeda a Guantanamo nel 2006.
Artefice di queste operazioni è in primo luogo il governo americano ma non solo.
Nel 2007 una relazione del Parlamento Europeo ha condannato l’utilizzo di queste operazioni ed il coinvolgimento di altri governi , tra cui il governo inglese e quello italiano, e la loro scarsa collaborazione nelle indagini.
Nello stesso anno un rapporto del Parlamento Europeo dichiarava l’esistenza di più di mille voli organizzati dai servizi segreti americani nello spazio aereo europeo, a differenza delle dichiarazioni di Michael Hayden, direttore della CIA, che parlava di non più di cinquanta voli.

Questi metodi sono proibiti da molti trattati internazionali sui diritti umani come il “Convention Against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment” ( “Trattato contro la tortura e altre punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti”) e “l’International Covenant on Civil and Political Rights” (“Patto internazionale sui diritti civili e politici”); trattati che ovviamente gli Stati Uniti hanno firmato.
Margaret Satterthwaite e Angela Fisher, la prima assistente professore di medicina legale presso la New York Univeristy mentre la seconda ex assistente ricercatrice presso il Center for Human Rights and Global Justice, affermano che “Anzichè lavorare per portare coloro che commettono crimini contro gli Stati Uniti nelle corti di giustizia USA, l'amministrazione Bush sembra intenta nel fare esattamente l'opposto, tenere queste persone lontane dai tribunali, nascoste in una rete di prigioni segrete, celle sotterranee per gli interrogatori, e nelle mani di governi complici"
“Avendo alterato la procedura da un trasferimento ordinato dei tribunali Usa ad un trasferimento che è extralegale, quest'amministrazione ha completato la trasformazione delle extraordinary rendition da trasferimenti verso la giustizia a trasferimenti lontani dal sistema giudiziario".


Ma questo metodo non è nuovo al panorama politico americano:
- Nel 1986 il Presidente Reagan autorizzò le” Spedizioni verso la giustizia”(“Rendition to justice”), la prima e più”leggera” forma di Extraordinary Rendition, create allo scopo di condurre negli Stati Uniti individui che poi sarebbero stati sottoposti agli stessi trattamenti di qualunque altro detenuto in attesa di giudizio, escludendo la possibilità di sottoporre i detenuti alla tortura o ad altri trattamenti di questo genere.

- Nel 1995 il Presidente Clinton etichetto le spedizioni come una strategia chiave contro il terrorismo ed autorizzo la deportazione dei sospetti con la forza, svolte anche senza la collaborazione del governo ospite.
E risale proprio a quel periodo il primo caso noto di Extraordinary Rendition effettuato dai servizi segreti americani; si tratta della cattura e della condanna a morte di Tal'at Fu'ad Qassim, cittadino egiziano che fu catturato in Bosnia prima di raggiungere la Danimarca ,paese in cui gli era stato garantito asilo politico. Qassim dopo essere stato catturato fu trasportato in Egitto, dove venne prima condannato a morte e poi giustiziato.

La pratica di queste attività illegali continua anche sotto l’amministrazione Obama, forse l’unico che avrebbe potuto effettuare una svolta. Le operazioni però saranno almeno sottoposte a livelli di controllo maggiori da parte del Dipartimento di Stato per impedire l’utilizzo di metodi di tortura.


Per ora queste operazioni hanno portato ad un solo processo conclusosi il 4 novembre 2009 a Milano.
Il processo riguardava il sequestro dell’imam egiziano Abu Omar avvenuto il 17 febbraio del 2003 ad opera di 26 membri della CIA, tra cui l’allora capo della CIA e referente per l’Italia Jeff Castelli e l’allora capo della sede milanese Robert Seldon Lady, e 6 membri dei servizi segreti italiani, tra cui l’ex direttore del SISMI Nicolo Pollari ed il suo vice Marco Mancino.
Abu Omar ,rilasciato quattro anni dopo, dichiarava di essere stato torturato al Cairo dove afferma di essere stato sottoposto a elettroshock ed a altre torture.
Il governo italiano,allora presidente era Berlusconi, negò di essere stato messo al corrente dell’operazione ed altrettanto fece il direttore del Sismi che, di fronte alla Commissione di inchiesta del Parlamento Europeo, dichiarò la sua totale estraneità dall’operazione condotta dalla CIA.
Dichiarazioni smentite dall’agente dei Carabinieri, Maresciallo del Ros, Luciano Pironi che ammise di aver preso parte al sequestro in quanto parte di un’ operazione coordinata dal Sismi.
Testimonianza confermata da Michael Scheuer, ex funzionario della Cia: “Il protocollo - aveva infatti spiegato Scheuer - prevede che il capo della Cia in Italia comunichi i dettagli dell'operazione di rendition al suo parigrado e interfaccia nell'intelligence del Paese alleato. Nel caso dell'Italia, il direttore del Sismi o il suo numero due".

Il processo si è concluso con la condanna ad 8 anni di carcere per Lady, a 3 anni per Pio Poma e Luciano Seno, entrambi funzionari del Sismi, e a 5 anni per gli altri 22 agenti della CIA, mentre Castelli ed altri due statunitensi hanno evitato la condanna grazie all’immunità consolare.
Mancini e Pollari sono stati definiti in giudicabili per via del segreto di stato.
Il giudice Magi ha infine condannato tutti gli imputati, ritenuti colpevoli al risarcimento a titolo di provvisionale di un milione di euro nei confronti dell' ex imam e ha previsto una provvisionale di 500 mila euro per la moglie di Abu Omar, stabilendo che l' entità del risarcimento per l' ex imam e la moglie venga poi liquidato in sede civile.
Difficilmente i condannati però sconteranno la pena in quanto si sono rifugiati in un altro paese ed inoltre la nuova amministrazione Obama non sembra disposta a collaborare per fare giustizia.
Comunque il processo e la condanna rimangono un verdetto esemplare che renderà almeno più difficile commettere simili abusi contro i diritti umani.
Il pubblico ministero Armando Spataro ha definito la sentenza “un chiaro messaggio a tutti i governi: anche nella lotta contro il terrorismo non si possono abbandonare i diritti fondamentali delle democrazie”.

sabato 14 novembre 2009

Tentativo di fuga. Atto II

SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. E' una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia.
ROBERTO SAVIANO


Si unisce ieri ,alle tante voci di dissenso per il disegno di legge sul “processo breve”, anche quella di Roberto
Saviano. Lo fa tramite un appello al Presidente del Consiglio in cui lo allerta del rischio che in Italia possa distruggersi il diritto, divenendo uno strumento solo per i potenti. Il ddl ,che porta le firme del capogruppo ,del vice capogruppo e di 15 senatori del Pdl e che è stato firmato anche da Federico Bricola, presidente dei senatori della Lega, dal senatore Sandro Mazzatorta ,anche lui membro del carroccio e dal senatore a vita Francesco Cossiga, è composto di 3 articoli ed è stato scritto dal deputato del Pdl e legale del premier , Niccolò Ghedini.

Il disegno è annoverabile tra l’ennesimo tentativo di utilizzare la legge ed il diritto italiano a fini personali del Presidente del Consiglio, senza calcolare i danni che risulterebbero devastanti per la macchina della giustizia italiana.
Il testo è composto di tre articoli e si richiama alla tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi in attuazione della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo , testo che è stato definito dal ministro della giustizia Alfano: “Non uno sfizio di Berlusconi, né un capriccio della maggioranza, ma è una esigenza del Paese”.
Effettivamente una riforma per rendere più rapida la giustizia italiana è riconosciuta utile anche dal Presidente dell’associazione nazionale magistrati Luca Palamara che però afferma:“L’ipotesi del processo breve è un idea che in astratto ci trova d’accordo,ma in concreto, senza interventi strutturali, rischia di creare seri danni al processo penale … è già alto il numero di procedimenti che si concludono con la prescrizione, che è una sconfitta per lo stato. E questo fenomeno diventerebbe maggiore. Oggi non ci sono le condizioni normative e organizzative per fare un processo beve”.

In sostanza l'articolo 2 del ddl prevede l'estinzione del processo penale per violazione dei termini di ragionevole durata fissati in due anni per il primo grado, due anni per l'appello e due anni per la Cassazione. Prescrizione dei processi con pene inferiori a dieci anni di reclusione se sono trascorsi più di due anni a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio del pm senza che sia stata emessa sentenza ,ma con una serie di esclusioni,varrà in linea generale per il futuro, mentre entrerà subito in vigore per quelli in corso limitatamente al primo grado. Il processo “breve” vale però solo per gli incensurati.
Ovviamente l’approvazione del ddl porterebbe alla prescrizione dei processi in cui è imputato il Premier Silvio Berlusconi : sia per quanto riguarda il processo sui diritti TV di Mediaset , in cui Berlusconi è accusato di frode fiscale, sia per il “caso Mills”, in cui è accusato di corruzione.

L’allarme giunge nuovamente dal presidente dell’Anm insieme al segretario dell’associazione Giuseppe Cascini: “Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi e quelli relativi ai fatti indicati in un elenco di eccezioni, che pone forti dubbi di costituzionalità”.
"Saranno invece destinati a inevitabile prescrizione tutti i processi per reati gravi, quali abuso d'ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari, rivelazione di segreti d'ufficio, truffa semplice o aggravata, frodi comunitarie, frodi fiscali, falsi in bilancio, bancarotta preferenziale, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti; traffico di rifiuti, vendita di prodotti in violazione del diritto d'autore, sfruttamento della prostituzione, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio colposo per colpa medica, maltrattamenti in famiglia, incendio, aborto clandestino" per i quali sarà quasi impossibile raggiungere una sentenza di primo grado entro due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio.
"Più che di una amnistia, si tratta di una sostanziale depenalizzazione di fatti di rilevante e oggettiva gravità".
Altrettanto critica il capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, che, rivolgendosi al ministro della Giustizia Alfano, chiede: "Noi vogliamo sapere quante migliaia di processi andranno al macero con questo tipo di riforma". "Vogliamo sapere - procede la Finocchiaro - quanti innocenti non vedranno dichiarata la loro innocenza a seguito di un processo regolare, e quanti colpevoli non verranno assicurati alle galere in relazione dei delitti commessi. Quale garanzia per la tutela dei cittadini e della loro sicurezza personale questo governo è disponibile ad apprestare? Poi possiamo ragionare su riforme vere e serie. Ieri abbiamo presentato i nostri punti di proposta. Confrontiamoci sulla lunghezza insostenibile dei processi italiani e non buttiamo al macero migliaia e migliaia di processi in tutta Italia soltanto perchè ci vuole una norma che sovvenga alle aspettative e ai desiderata di un imputato eccellente".
I processi che verrebbero bloccati sono moltissimi , dai più hai meno gravi.
Per fare un esempio il primo processo a carico del governatore Bassolino per lo smaltimento dei rifiuti, quello a carico dei coniugi Mastella per abuso d’ufficio e quello riguardante gli appalti truccati dell’Asl Napoli 1.
Ma ovviamente il decreto non toccherà solo la regione Campania ma si prevede che : al tribunale di Firenze siano a rischio circa il 60% dei processi,a Bologna il 40%.
Per non parlare dei più tristemente famosi processi : Unipol,Cirio, Parmalat , Bnl, Eternit.

Un’ulteriore nodo su cui convergono critiche bipartisan riguarda l’inclusione del reato di immigrazione clandestina tra i reati di grave allarme sociale (vedi mafia e terrorismo) , come proposto dal Carroccio, per questo firmatario del ddl.
Critica anche Giulia Bongiorno, presidente della commissione giustizia della Camera e avvocato di Fini,che afferma: “Suscita un certo stupore la scelta di includere nell'elenco dei reati di grave allarme sociale, come quelli di mafia e terrorismo, l'immigrazione clandestina che è una semplice contravvenzione peraltro punita con una banale ammenda”.


E mentre il premier minaccia di porre la fiducia sul ddl, non ci resta che aspettare e magari partecipare alla manifestazione del 5 dicembre .

giovedì 5 novembre 2009

Partecipazioni

BAGARRE MEDIATICA

Se la crisi dello scorso anno ha colpito gravemente l’economia degli Stati Uniti, in Italia a preoccupare è un altro tipo di crisi: parlo del tramonto culturale degli ultimi anni, principalmente politico, ma anche sociale ed etico.

I toni aspri con cui vengono condotti i dibattiti in televisione, la violenza delle parole usate e le interruzioni continue, hanno il solo scopo di delegittimare chi ci siede di fronte. Non si può certo più parlare di confronto politico utile e responsabile, che aiuti a formare le coscienze degli spettatori, e sollecitare domande e curiosità, o semplicemente che contribuisca al formarsi di un’opinione personale, e legittimata da notizie certe e fatti documentati. Chi si affronta nell’arena televisiva, molto spesso non ha intenzione di fare chiarezza sull’argomento al centro della discussione. Anzi, è pienamente consapevole che più il pubblico rimane confuso e disorientato, più il dibattito diventa scontro violento e personale tra nemici di fazioni diverse, minore sarà il pericolo di perdere consenso. Cosa che potrebbe più facilmente accadere se l’opinione pubblica sviluppasse capacità critica, e chiedesse conto delle proprie azioni ai rappresentanti eletti che ricoprono cariche pubbliche. È proprio la scomparsa della capacità di critica e di autocritica che ha favorito l’imbarbarimento del confronto politico: il termine corretto sarebbe ora quello di conflitto, non di idee, di ideali, di programmi o di progetti. Conflitto tra fazioni, che si minacciano, si offendono, si attaccano. E ogni tentativo di dibattito serio e coerente, scevro da qualsiasi faziosità, viene immediatamente riportato sul piano dello scontro, per evitare che qualsiasi ascoltatore possa porsi scomode domande.

Questo degrado della politica, giova a chi gioca sui timori dei propri sostenitori, ricorrendo ad una simbologia, semplice ma efficace, che affonda le proprie radici nella storia degli Italiani, e sui quali desta più facilmente impressione, indignazione e paura. I magistrati comunisti, i tentativi di golpe dei poteri massonici, i preti sovversivi, il ribaltamento terroristico del voto elettorale. Sono i mostri che abitavano il buio nella nostra infanzia, sono l’emblema di un recente passato sanguinoso e ancora coperto dal mistero. Ed è ad esso che si ricorre per compattare le proprie fila, indicare colui che la pensa diversamente da noi come sovversivo e nemico del popolo, e ridurre ogni dibattito (che riguardi religione, etica, società, cibo, abbigliamento) ai termini di una guerra civile tra due fazioni. Signori, si è riaperta la caccia all’untore e alle streghe. E con successo.

Tutto ciò non sarebbe stato possibile solo qualche hanno fa, quando l’opinione pubblica era capace di mobilitarsi, appassionarsi, interessarsi alla Cosa Pubblica, perché la sentiva ancora propria, come in effetti era. Poi Mani Pulite. La corruzione che irrompe nella politica e nell’imprenditoria, il prezzo dello svilimento dello Stato. E le stragi di mafia. Magistrati e forze dell’ordine impegnati in una guerra, che quello stesso Stato non aveva né voglia né forza di condurre. Di quel periodo, è rimasto solo il ricordo degli uomini che hanno sacrificato la loro vita per lasciarci un futuro migliore.
Tutto vano. I cittadini si sono allontanati ulteriormente dalle istituzioni, poiché esse hanno continuato a svilire se stesse e il popolo che rappresentano. La collusione degli apparati statali con le mafie, che hanno invaso e invadono le nostre istituzioni; i condoni fiscali, patrimoniali, immobiliari, che premiano associazioni criminali e cittadini disonesti, insieme all’allentamento della morsa dei controlli sull’evasione fiscale; la folle guerra contro i dipendenti statali (bollati indiscriminatamente come “fannulloni”), che certo le tasse non possono evaderle; l’arroganza con la quale gli stakanovisti governativi (vedi frequenza e presenze, assai esigue entrambe, delle sedute parlamentari) si riempiono la bocca di “premi alla meritocrazia”, tagliando i fondi in ogni settore che possa portare nuova linfa all’Italia (ricerca, istruzione, sviluppo delle tecnologie), e lasciando intatte le strutture malate del nostro Paese. Gli unici ad esser premiati sono i cosiddetti “partiti del cemento”, le lobby immobiliari e gli appaltatori mafiosi, che finanziano, tra le altre, le “grandi opere” ( dove grande è solo la quantità di denaro riciclato e di leggi violate).

L’unica speranza è che, in un Paese dove è in corso una guerra per addormentare il senso di responsabilità civile, la coscienza collettiva riesca a sconfiggere il dominio, finora incontrastato, delle televisioni e dei reality. Sarebbe la vittoria dell’impegno sull’indifferenza e la rassegnazione. Per ora, accontentiamoci di guerriglia e sabotaggi, e rimandiamo a tempi migliori la battaglia in campo aperto.

Massimo Ferraro


NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE DELLA SINISTRA

L’Italia è sempre stata un Paese unico. Per l’influenza del suo grandioso passato; per la cultura onnipresente che traspare da ogni pietra e monumento delle sue città; per la sua squisita cucina ammirata e imitata in tutto il mondo; per la passione del suo popolo, così spesso rappresentata dagli scrittori e poeti inglesi; per il suo clima mite e piacevole, riflesso nel carattere aperto e spontaneo degli italiani. Oggi, tutte queste unicità ancora rimangono, ma sono oscurate e sopraffatte da una di tipo differente, ugualmente famosa nel resto del mondo. Questa unicità si chiama Silvio Berlusconi.

Sebbene sia accusato di corruzione e sia risaputo che abbia contatti con la mafia, Berlusconi è stato il Primo Ministro italiano per tre volte, da quando ha fatto il suo ingresso nella scena politica nel 1994. Nel 2008, dopo la caduta del governo di Romano Prodi, è stato eletto (e ancora oggi è) premier di un nuovo governo di destra. La sua situazione atipica ha sollevato le preoccupazioni e l’indignazione dei paesi stranieri, ma Berlusconi ancora mantiene il potere con fermezza e rifiuta di dimettersi, nonostante tutte le ragioni che legittimerebbero questa decisione. Nominiamone solo alcune.

Silvio Berlusconi è l’esempio numero uno del conflitto d’interesse, dal momento che è il proprietario e influenza sei dei sette canali della Tv italiana, oltre a case editoriali fra le più importanti come Mondadori e Einaudi. Fra i vari procedimenti legali che lo riguardano, Berlusconi è al momento sotto processo per la corruzione dell’avvocato inglese David Mills, che, il 17 Febbraio 2009, è stato condannato a quattro anni di prigione per aver accettato 600 mila dollari per mentire e proteggere Berlusconi. È stato coinvolto negli scandali di Villa Certosa, la sua residenza in Sardegna, dove organizzava festini mondani con giovani ragazze, documentati da centinaia di foto. È stato accusato da sua moglie, Veronica Lario, di avere relazioni con ragazze minorenni, come Noemi Letizia, e di aver candidato prostitute e modelle per le scorse elezioni Europee. È stato provato che ha ricevuto prostitute, chiamate elegantemente “escort”, nella sua residenza romana di Palazzo Grazioli e che ha avuto rapporti sessuali con loro. Last but not least, molte volte ha dimostrato di avere un senso dell’umorismo volgare e grossolano. Esempi sono il suo commento sull’abbronzatura di Obama; la sua battuta sui desaparecidos argentini, che ha sollevato l’indignazione internazionale; o la sua offesa pubblica a Martin Schulz, europarlamentare tedesco, quando gli ha suggerito di proporsi nel ruolo di kapò in un film sui nazisti girato in Italia.

La lista di tutte queste “peculiarità” potrebbe essere molto più lunga e dettagliata. Ma non ho intenzione di nominarle tutte ora. Voglio concentrarmi su una questione molto più importante. Perché Berlusconi ha vinto le elezioni nel 2008? E considerando tutti questi scandali legali, politici, e personali, perché la sua popolarità resta così alta in Italia?

Mi rifiuto di accettare la risposta così comune che tutti gli italiani vogliano essere come Berlusconi. Molte volte, ho letto articoli di giornali stranieri che affermavano che Berlusconi è così popolare perché rappresenta ciò che sono gli italiani. Non posso negare che questi articoli e queste affermazioni mi abbiano fatto tremare di rabbia e disappunto. L’idea, così comunemente professata, che tutti gli italiani abbiano un piccolo Berlusconi dentro di loro semplicemente mi disgusta. Dire che tutti gli italiani sono individualisti, disonesti, furbi, bugiardi, scorretti, e assetati di potere, caratteristiche che Berlusconi stesso non nega, è una generalizzazione povera e ignorante. Come avrebbero reagito gli americani, se fossero stati tutti accusati di essere bugiardi e traditori delle loro mogli, quando Bill Clinton ebbe quella relazione con Monica Lewinsky?

Inoltre, l’idea che Berlusconi piaccia così tanto agli italiani perchè incarna il “self-made man”, l’uomo fattosi da sé, non può essere considerata vera. Questo concetto del self-made man coraggioso e pieno di speranza è tipico della cultura americana, non di quella italiana, dove la meritocrazia e un individualismo così forte non sono considerati valori basilari. Non posso credere che Berlusconi abbai risvegliato questa idea atipica nelle menti di milioni di italiani e acquistato il loro rispetto e la loro ammirazione. Anche perché nella cultura americana questo concetto dell’uomo fattosi da sé va a braccetto con l’onestà, l’integrità, il sacrificio, la dedizione al lavoro, e il rispetto degli altri – tutte qualità che Berlusconi non può vantarsi di avere.

Nel 1994, quando Berlusconi entrò in politica dopo le stragi di mafia e Mani Pulite, introdusse se stesso come un uomo nuovo, capace di portare rinnovamento alla scena politica italiana. Ma ora, come possiamo giustificare la sua popolarità?

Come lo storico e sociologo francese Marc Lazar dice, “oggi il suo prestigio è così forte perché non c’è nessuno in grado di tenergli testa. Berlusconi, insomma, vince per mancanza di avversari”.
È esattamente questa la ragione. E una chiara dimostrazione è data dal maggior partito di opposizione, il Partito Democratico (Pd).

Quando il Pd venne formato nel maggio 2007, unì insieme i due maggiori partiti di sinistra, i Democratici di Sinistra (DS) e la Margherita. In questo modo, ha riempito le proprie fila di politici come D’Alema, Rutelli, Fassino, Bassolino, Iervolino, Binetti, Bindi, e altri, che hanno ostacolato il cosiddetto ricambio generazionale. Il risultato è stato la nascita di un partito debole e diviso, i cui rappresentanti hanno idee e opinioni differenti e antepongono i propri interessi personali agli interessi del partito. Tutte queste “correnti” all’interno del Pd hanno danneggiato la sua unità, coerenza, e abilità di creare un consistente programma, alternativo al governo di Berlusconi.

La crisi “ufficiale” del Partito Democratico ha avuto luogo quando il suo segretario, Walter Veltroni, si è dimesso dopo che il candidato Pd Renato Soru ha perso le elezioni regionali in Sardegna, roccaforte della sinistra.

Il successore di Veltroni, Dario Franceschini, ha dimostrato di essere un personaggio debole sulla scena politica, e ha affiancato Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, nel suo forte anti-berlusconismo, una corrente politica di pensiero adatta solo a criticare Berlusconi e in grado di procurargli più pubblicità e consensi. Invece di portare avanti una vera alternativa a Berlusconi, le reazioni di Franceschini alla condotta politica e morale del Primo Ministro sono state frasi del tipo, “Fareste educare i vostri figli da quest’uomo?”. Non è necessario specificare che è stato un fallimento.
D’Alema, Rutelli, Bindi, Bersani, e molti altri membri del Pd, sono tutti parte della stessa Casta politica da cui viene Berlusconi. La loro opposizione è debole e non è seria, come è stato dimostrato lo scorso ottobre, quando lo Scudo Fiscale è passato alla Camera dei Deputati per soli 20 voti. Come i tabulati della Camera mostrano, 25 deputati del Partito Democratico erano assenti. Questo è uno scandalo che non è passato inosservato e che ha minato l’immagine già fragile del partito.

Il problema del Pd è che il suo leader e suoi rappresentanti non riescono a parlare alle persone, come è stato dimostrato lo scorso ottobre, durante le primarie del partito. Le primarie, ispirate al sistema americano, sono una novità nella scena politica italiana e sono un incentivo positivo per la democrazia partecipativa. Ma a differenza delle primarie americane, quelle italiane non hanno visto il confronto fra i tre candidati, Bersani, Franceschini e Marino. I loro programmi sono rimasti praticamente nascosti agli occhi e alle orecchie degli elettori. Questo è avvenuto perché, qui in Italia, noi siamo abituati a votare la persona, non il suo progetto politico. Cosa ne pensavano i tre candidati delle questioni ambientali, dell’immigrazione, del welfare e del sistema sanitario?
Andando in giro per Roma, ho trovato un solo stand in supporto a Marino, dove mi è stato dato il suo programma. Non è abbastanza e molto di più deve essere fatto per comunicare con gli elettori.

In questo momento, siamo testimoni di una crisi della sinistra e di un’innaturale calma tra le sue fila. Mi piacerebbe dire che il futuro dell’Italia è in mano agli italiani, ma è difficile prevedere come si evolverà la scena politica. Forse c’è ancora un po’ di speranza. Forse, possiamo ancora cambiare questo sistema burocratico e gerontocratico che sta uccidendo il nostro paese.

Alessandra Potenza

domenica 25 ottobre 2009

Rifugiati? Politici



Art. 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Sabato 10 ottobre presso piazza Oberdan a Milano si è tenuta la 5 Notte Bianca della solidarietà. Che pur riprendendo il nome dalla “manifestazione culturale” ,che nei recenti anni si è svolta in molte città italiane, ha tutt’altro obbiettivo e rilevanza.
Il tema della manifestazione sottolinea un’altra grave pecca nella gestione dell’immigrazione in Italia.
Da più di 6 mesi , proprio nel centro della città di Milano, vivono e dormono su una striscia di asfalto rifugiati politici provenienti dal continente Africano, per la maggior parte dall’Eritrea.

L’Africa è il continente dove il problema è più grave; su una popolazione di circa 780 milioni di abitanti i rifugiati sono infatti più di 6 milioni (vale a dire una persona su 130, all’incirca il doppio della già allarmante media mondiale di 1 persona su 275).

La totale mancanza di provvedimenti e aiuti che dovrebbero essere garantiti dallo stato italiano,è stata incrementata ad aprile quando furono costretti a lasciare uno stabile alle porte di Milano(Bruzzano) ,il residence abbandonato Leonardo da Vinci,un rudere di 7 piani con 500 monolocali che 350 rifugiati politici, tra cui 28 donne e 2 bambini ,avevano occupato. Gli scontri con la polizia, in seguito all’occupazione da parte di circa una cinquantina di immigrati delle ferrovie vicine al residence , che avevano tentato di entrare nello stabile, hanno causato circa 9 feriti, di cui 8 trasportati in ospedali e molti contusi, alcuni dei quali si sono rifiutati di farsi trasportare in ambulanza per paura.
Durante il sit-in sui binari della ferrovia gli immigrati hanno sventolato i propri documenti e permessi di soggiorno e lenzuola su cui avevano scritto “WE NEED PEACE”, abbiamo bisogno di pace.

Il Vice sindaco Riccardo De Corato dopo aver espresso piena solidarietà alle forze dell’ordine ha aggiunto che i rifugiati hanno rifiutato l’ospitalità offerta dal Comune.
Poi ha aggiunto che “Milano di certo non può essere il ricettacolo per tutti coloro che sbarcano in Italia. Né può correre dietro a comitive di manifestanti che girovagano per la città pronti a provocare nuove tensioni. Se qualcuno pensa che qui, dove già si spendono 8 milioni all’anno per dare ospitalità a 300 asilanti, sia il paese di Bengodi, stiamo freschi”.


Gli immigrati tramite la “notte bianca” hanno tentato di attirare l’attenzione su questa situazione ed hanno manifestato pacificamente contro l’amministrazione comunale che oltre a non tener conto delle convenzioni di Ginevra non investe i finanziamenti che ha ricevuto dall’Unione europea proprio per affrontare il problema dei rifugiati.
Secondo le leggi internazionali i rifugiati politici devono ricevere: un alloggio, corsi di formazione e di lingua e ticket per mangiare e per accedere ai trasporti pubblici.
Leggi alle quali secondo l’articolo 10 della nostra costituzione l’Italia dovrebbe conformarsi.




venerdì 2 ottobre 2009

Perché partecipare alla manifestazione sulla libertà d’informazione

Art. 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
(…)


Si più dire che in Italia non vi sia libertà di informazione?
Più che altro si può dire che in Italia non vi è informazione libera e non perché soggetta a censure o autorizzazione ma perché intimamente legata alla politica,alle direttive dei partiti e dei governanti.
Un informazione veramente libera dovrebbe essere, riprendendo le parole di Valerio Onida Presidente emerito della Corte Costituzionale,” Un contro potere, un “cane da guardia” fedele ai propri riferimenti che sono la verità, l’approfondimento, l’onestà”
“Il nostro sistema del’informazione vive in una situazione di attentati all’autonomia perché la politica cerca di servirsi dell’informazione e l’informazione molto spesso si fa usare dalla politica”
(Ballarò del 29/09/09)

Nel rapporto 2009 di Freedom House (organizzazione autonoma che si pone come obbiettivo la promozione della libertà nel mondo) l’Italia è passato per la prima volta dall’essere nominato paese “libero” a paese “parzialmente libero” ,unico caso in Europa Occidentale insieme alla Turchia.
I motivo del declassamento italiano, secondo i membri di Freedom House, sono:
- La limitazione della libertà di parola da parte di nuove leggi e dei tribunali
- Le crescenti intimidazioni subite dai giornalisti
- L’eccessiva concentrazione della proprietà dei media

http://www.freedomhouse.org/uploads/fop/2009/FreedomofthePress2009_tables.pdf

Ieri 1 ottobre sul giornale britannico Economist è uscito un articolo intitolato “Museruola a chi informa” in cui il settimanale paragona l’Italia ad una delle deboli democrazie dell’Est Europa e continua affermando che “era dai tempi di Mussolini che non si aveva un governo italiano che interferisse con i media in maniera così lampante e allarmante”.
Riferendosi alla manifestazione di domani 3 ottobre dichiara che “I giornalisti e gli altri italiani Hanno ogni motivo di protestare(…) i giornalisti che l’hanno indetta hanno buone ragioni per preoccuparsi”.
L’Economist conclude affermando che “Le ordinanze di Berlusconi sembrano parte di un progetto per spazzare via le ultime enclavi ribelli rimaste in Italia”


Direttori di giornali italiani dimessi durante gli ultimi governi Berlusconi:

- 23 maggio 2003 Ferruccio De Bortoli si dimette dalla direzione del Corriere della Sera, le dimissioni suscitarono scalpore perché giunte dopo una serie di pressioni sulla direzione del giornale dell’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
La direzione venne affidata a Stefano Foffi un giornalista gradito a Berlusconi, il giorno seguente il Manifesto titolava “Anche il Corriere è suo”.

- 29 aprile 2009 Giulio Anselmi si dimette dalla direzione de La Stampa, le dimissioni
Furono sollecitate dal Governo che non aveva gradito molte posizioni critiche del suo giornale.


- 3 settembre 2009 Dino Boffo si dimette dalla direzione di Avvenire dopo aver subito duri
attacchi da parte de Il Giornale quotidiano edito dal fratello del presidente del consiglio Paolo Berlusconi.

mercoledì 30 settembre 2009

Pirateria somala: Solo un fenomeno criminale?

La pirateria somala è ovviamente un fenomeno criminale ma da quali motivazioni nasce?
Cosa ha spinto i pescatori ad unirsi alle milizie di quartiere?
Quali sono le vere motivazioni di un aumento così ampio e rapido di questo fenomeno?
(la pirateria somala ha fatto crescere il numero degli attacchi di pirateria nel mondo del 21% in un’ anno).

Riguarda l’aumento della pirateria somala esistono due “correnti di pensiero”: la prima afferma che si tratti di un semplice fenomeno criminale che ha come primo e unico obbiettivo il denaro, la seconda che, pur riconoscendo l’evidente scopo di guadagno derivato dalla pirateria, attribuisce all’incremento di questa attività nel Golfo di Aden cause e motivazioni diverse legate a ditte straniere.

Nel 2004 migliaia di abitanti della regione somala del Puntland, uno degli stati autonomi della Somalia posizionato sulla costa nordest dello stato africano la cui principale risorsa economica è la pesca, si sono ammalati manifestando sintomi tipici di alcune forme di tumore.
La causa di questa “esplosione” di tumori che ha colpito la regione è probabilmente da attribuire hai molti container che lo tsunami, dopo aver colpito la regione, ha portato a riva.
Secondo le dichiarazioni di Nick Nuttall, un portavoce del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, i container contenevano molti tipi di rifiuti tossici tra cui materiali radioattivi, uranio, piombo,cadmio,mercurio e scorie chimiche.
Lo scarico di questi rifiuti era probabilmente da imputare alla ditta svizzera Achair Partners e all’azienda italiana di smaltimento rifiuti Progresso che avevano stipulato un patto con Ali Mahdi, uno dei leader dei ribelli Hawiye, che in quel periodo controllavano la regione, che gli permetteva di scaricare rifiuti tossici nelle acque somale,ovviamente pagando un prezzo molto inferiore rispetto ai costi di smaltimento in Europa.
L’inviato delle Nazioni Unite Ahmedou Ould-Abdallah sostiene che lo stesso fenomeno avviene ancora oggi.

Alla base delle motivazioni del sequestro della nave italiana Buccaner, con a bordo 16 persone avvenuto l’11 aprile ,sarebbe stata proprio questa attività.
Come affermato da Mohamoud Said Nur ,governatore della regione di Sanag , la nave venne sequestrata dalla “sicurezza locale” in quanto trasportava due container di rifiuti tossici destinati ad essere gettati nelle acque somale.
Ovviamente queste affermazioni furono respinte dall’armatore del Buccaner, la ditta Micoperi di Ravenna.

E’ possibile quindi individuare nel tentativo di difendere le proprie acque, tra l’altro una delle risorse principali del paese, l’appoggio dei pescatori ai pirati?
E’ possibile quindi individuare nel tentativo di difendere le proprie acque l’aumento di questo fenomeno criminale?

Come afferma il poeta ,rapper e musicista somalo-canadese K’naan : “ E’ tempo che il mondo dia al popolo somalo qualche garanzia sulla fine di queste attività illegali da parte dell’occidente, in cambio della fine della pirateria”
“Non vogliamo che l’Unione europea e la Nato servano da scudo per questi infami scaricatori di scorie nucleari. E’ vero che la pirateria è una questione di giustizia, ma di quale giustizia parliamo?”
“Com’è evidente in questi giorni, quelli che per alcuni sono dei pirati per altri sono dei guardiacoste”.

martedì 29 settembre 2009

157 morti,1253 feriti allo "stadio 28 settembre" a Conarky,Guinea

Le cifre sono provvisorie, ma probabilmente non sapremo mai il numero reale di morti legati al massacro svoltosi ieri allo stadio di Conarky;questo perchè molti cadaveri sono stati immediatamente occultati.
Era una manifestazione contro la ricandidatura di Moussa DAdis Camara alle presidenziali,leader dei golpisti al potere dal 23 dicembre 2008.In vista della festa dell'indipendenza del 2 ottobre ogni manifestazione era stata vietata, già dalla mattina posti di blocco,lacrimogeni e manganelli avevano cercato di impedire l'afflusso dei manifestanti , nonostante tutto con scarso successo.
Lo stadio ha iniziato a riempirsi e a fine mattinata c'erano più o meno 25000.
Secondo le testimonianze di alcuni rappresentati di ong presenti è stato proprio quello l'inizio dei primi spari.
Telefonate registrate di medici del maggiore ospedale della città gridano alla strage, ma ripeto, probabilmente non ne potremo mai conoscere le dimensioni reali.
Forse non sarà una notizia che scuoterà l'opinione pubblica ed è probabile che domani mattina le prime pagine dei giornali si occuperanno delle frasi di berlusconi alla festa del pdl.
Non è per questo , infatti, che ho deciso di riportarla.
Mi ha suggerito una riflessione in merito ai nostri diritti, che ancora reputo dei doveri, di cui godiamo e che non esercitiamo.
Non vorrei finire sul pietismo , ma è una realtà che gran parte delle persone del mondo non possono neanche immaginare un mondo migliore di quello in cui vivono e i pochi che hanno l'ardire sono consapevoli di poter pagare con la vita i propri sogni (l'Iran degli ultimi mesi e l'es sopra citato sono alcuni degli esempi).
E noi?noi che possiamo manifestare, eleggere, scrivere, parlare , pensare, informarci , studiare,viaggiare conoscere....che facciamo???
Ci accontentiamo di un paese scadente, mediocre che utilizza la nostra pigrizia mentale e la nostra abitudine ai privilegi per alimentare un sistema fallimentare che non si occupa dei nostri interessi.
Ho il terrore di cosa accadrà quando ci sveglieremo la mattina e leggermo sul giornale, magari su un piccolo trafiletto in quarta pagina dopo gli improperi del politicante di turno, che quei diritti non li abbiamo più.......

tanto a cosa servivano???