SAGGIO SULL’OTTIMISMO
Quando il Direttore Generale della “Luiss Guido Carli” espone tutta la sua rabbia e frustrazione, tramite le colonne di Repubblica, tanto da invitare suo figlio Mattia ad abbandonare questo Paese, lo fa con il cuore. Sì, con il cuore, non c’è dubbio. E risulta assai difficile credere che un tale gesto possa essere frutto di semplice ed esclusiva finzione. Pier Luigi Celli non è un operaio; non è un impiegato statale né tantomeno un contadino. Chi ricopre incarichi come quello di Direttore Generale della Rai, massimo dirigente di una banca come UniCredit e infine ancora “diggì” di una delle Università private più importanti nel panorama italiano, incontrerebbe assai poche difficoltà nel consegnare al figlio, impacchettato e con un bel fiocco rosso, un posto da dirigente in un’azienda di grosso calibro. Celli, invece ha preferito esporre tutto il suo rammarico pubblicamente, in una lettera che racchiude in sé tutto il dolore e l’impotenza di un uomo la cui generazione non ha sbagliato, ha fallito. Per giocarsi una delle sue ultime carte a disposizione un premuroso padre mette in guardia un “distratto” figlio che rischia di incontrare serie difficoltà con la sua futura permanenza sul suo territorio natale. E l’invito è ripetuto, assillante, produce un’eco tale da rendere il finale della lettera quasi scontato. Ma in un punto Celli tratta un argomento che forse un disattento lettore tralascerebbe.Nella lettera infatti viene raccontato in poche parole il duro carattere di Mattia e di quanto difficilmente quest’ultimo abbandonerà il nostro Paese per andare a cercare fortuna all’estero. Ma non si tratta di un carattere duro o forte. Non si tratta di farcela nonostante le difficoltà. Se Mattia rimarrà o no in Italia, lo farà insieme ad altre migliaia di ragazzi come lui: laureati e non, ricercatori o meno che però avranno urlato a tutta la nazione che saranno loro a far ritornare l’Italia un Paese d’eccellenza; saranno loro a scacciare la corruzione dalla pubblica amministrazione; saranno loro a ridare a questo stato una classe politica di cui andare orgogliosi; e nel momento in cui il nostro tornerà un Paese civile e tutti affermeranno “Grazie è stato merito vostro”, noi risponderemo con il cuore che, sì, è stato davvero merito nostro.
Francesco Gentili
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