giovedì 28 luglio 2011

“LasciateCIEntrare”

Dal 1° aprile 2011, in base alla circolare n. 1305 firmata da Roberto Maroni, è possibile l’accesso ai Cara e ai Cie solo a soggetti pubblici e a individui singoli, come membri del parlamento e consiglieri regionali.
Alla stampa invece è tassativamente vietato l’ingresso fino a data da determinare.

Proprio per contestare la disposizione del ministro Maroni, lunedì 25 luglio si è svolta la prima giornata di mobilitazione nazionale della campagna “lasciateCIEntrare”, nata dopo l’appello di Del Grande, fondatore nel 2006 dell’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione, “Fortess Europe”. La campagna promossa dal FNSI e dall’ordine dei giornalisti ha poi ricevuto diverse adesioni tra cui: Art 21, ASGI, Primo Marzo, Open Society Foundation, European Alternatives, ANSI, ARCI, ANSI, Libertà e Giustizia, Il Manifesto, il Riformista, l’Unità oltre ad un gruppo di parlamentari provenienti da diversi partiti dell’opposizione: Pd, Idv, Fli e Radicali.

Il punto centrale della protesta è la richiesta di fermare la censura della stampa disposta sia per i 13 CIE, Centri di Identificazione ed Espulsione, ordinari, dove sono trattenuti gli immigrati con documento di soggiorno scaduto o che non hanno adempiuto il decreto di espulsione dall’Italia in attesa della loro identificazione e dell’eventuale rimpatrio, sia per i 3 CIE straordinari di Santa Maria di Vetere, Palazzo San Gervasio e Kinisia istituiti con decreto il 21 aprile.
Ma il divieto imposto alla stampa non si limita ai Centri d’identificazione ed Espulsione.
Da aprile, infatti, è impossibile l’ingresso dei giornalisti anche nei CARA, Centri di Accoglienza per i Richiedenti Asilo, dove sono ospitati i richiedenti asilo in attesa della valutazione della loro domanda di protezione internazionale.

Il limite alla stampa posto anche nei confronti dei CARA rende ancora più preoccupante e inaccettabile, da parte degli aderenti all’iniziativa, la disposizione prevista da Maroni, come si legge nelle parole di Fulvio Vassallo, giurista dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione: “ I centri di accoglienza non sono chiusi, i richiedenti asilo possono uscire e allora non si capisce perché non possono entrare i giornalisti, il fatto che la circolare richiami congiuntamente i centri di accoglienza e quelli d’identificazione e di espulsione conferma la trasformazione in atto delle strutture di accoglienza in centri di detenzione “.
Ad incrementare ulteriormente la preoccupazione e l’indignazione degli aderenti il decreto del Consiglio dei Ministri votato il 16 giugno, che ora aspetta di essere convertito dal parlamento, che prevede il possibile aumento del tempo massimo di detenzione a 18 mesi.

La giornata di protesta si è concretizzata in diversi sit-in davanti ai principali CIE nazionali e con ispezioni di deputati e senatori nei centri. Dei 36 parlamentari che ne hanno preso parte, 6 hanno visitato e costatato la difficile situazione del CIE capitolino di Ponte Galeria, già oggetto di denuncie di associazioni umanitarie per abusi e violazioni dei diritti umani, dove, circa venti immigrati sono saliti sul tetto sventolando un lenzuolo con scritto la parola “libertà”.
I deputati, Andrea Sarubbi, Furio Colombo, Francesco Pardi, Rosa Villecco Calipari, Vicenzo Vita e Livia Turco, hanno potuto costatare la drammatica situazione in cui sono costretti a vivere gli immigrati. Per Furio Colombo, Presidente del Comitato Diritti Umani della Camera dei Deputati: “ I Cie sono un monumento alla violazione della costituzione”, mentre Francesco Pardi, parlamentare dell’Idv, denuncia l’alto numero degli ex carcerati ora reclusi nei centri: “ Il 60% dei reclusi è passato prima dal carcere e qui sconta un’altra pena aggiuntiva perché in carcere non è stato identificato, i consolati non rispondono e le persone restano nel limbo”.

La motivazione della disposizione presa dal Ministero, cioè il “non intralciare” le attività rivolte a gestire il flusso d’immigrati provenienti dal Nord Africa, oltre a risultare inaccettabile dal presidente della Fnsi, Roberto Natale: “ Ci sembra assurdo che i giornalisti siano considerati un intralcio. La formulazione di questa circolare è una violazione dell’articolo 21 della costituzione “, lascia spazio a diverse considerazioni come quella fatta dal Presidente della regione Puglia Nichi Vendola.
Vendola ha definito i CIE “ luoghi opachi, in cui si rischia di vedere sospesi diritti costituzionali, di luoghi in cui è possibile che avvengano violazioni di diritti umani” possibilità dovuta alla grave limitazione del diritto di cronaca e critica giornalistica, diritto sancito dalla costituzione italiana come il diritto d’asilo e l’adeguamento dell’ordinamento giuridico italiano alle norme e ai trattati internazionali riguardo alle condizioni dello straniero.

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